Nonostante l’impugnativa del Governo della Legge Regionale Campania 18 novembre 2004 n. 10, la Corte Costituzionale ha ribadito la validità di detta norma per quanto riguarda:
- i termini di riapertura per l’istruttoria e rilascio delle concessioni edilizie, per cui lo stesso rimane fissato al 31.12.15;
- la gestione dei vincoli, che conferma l’inedificabilità assoluta per le zone in cui il vincolo è stato imposto prima della realizzazione dell’immobile abusivo.
Ma vediamo nel particolare la Sentenza:
Il Governo impugnava che :
l’art. 1, comma 72, impugnato, modifica l’art. 9 della legge della Regione Campania 18 novembre 2004, n. 10 che riguarda le Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi di cui al decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 32 così come modificato dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 di conversione e successive modifiche ed integrazioni, stabilendo anzitutto, alla lettera a), che il termine per definire le domande di condono edilizio da parte delle amministrazioni locali veniva posticipato dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2015.
Infatti si palesava l’ipotesi che ciò comportava il rischio di condonare attività edilizie svoltesi successivamente alla chiusura dei termini del condono stesso.
Il tutto anche in violazione dei valori paesaggistici di norma tutelati ai sensi degli art. 9 e art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione, ampliando l’area del condono, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Costituzione.
Inoltre, posto che il termine è da ritenersi ordinatorio, la disposizione sarebbe manifestamente irragionevole, poiché “inutile”, nonostante il pericolo che essa genererebbe.
Altresì quanto impugnata, escludeva dal condono le opere realizzate su aree vincolate ai sensi dell’art. 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per cui solo se il vincolo comporta l’inedificabilità assoluta e sia stato imposto prima dell’esecuzione dell’opera.
Per cui la legge regionale suddetta avrebbe negato il carattere ostativo dei vincoli di inedificabilità relativa, andando a ledere la norma interposta costituita dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985, che, con riferimento ai vincoli imposti successivamente all’abuso edilizio, subordina la sanatoria al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.
Per cui sarebbe violato l’art. 117, terzo comma, Costituzione, e verrebbe ampliata l’area del condono edilizio.
Altresì erano ancora lesi dsecondo il ricorrente gli art. 9 e art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione, poiché si ammetterebbe la sanatoria in zone a rischio idraulico.
Ebbene la Corte Costituzionale ha sentenziato che:
“Con ogni evidenza, infatti, la disposizione censurata si limita a formulare un termine sollecitatorio entro cui i Comuni debbono definire le domande pendenti, ma in nessun modo consente che queste ultime siano modificate o integrate. In particolare, il termine indicato dall’art. 9, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2004 per inoltrare la documentazione è oramai spirato e non viene riaperto per effetto della disposizione impugnata.
L’art. 1, comma 72, lettera b), della legge impugnata modifica il comma 5 dell’art. 9 della legge regionale n. 10 del 2004, nel senso che il condono non è ammesso per gli abusi edilizi realizzati su aree del territorio regionale sottoposte ai vincoli di cui all’art. 33 della legge n. 47 del 1985, «solo ed esclusivamente se i predetti vincoli comportano l’inedificabilità assoluta delle aree su cui insistono e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse».
Il ricorrente lamenta che in tal modo è stata ampliata l’area del condono, sia ammettendo la sanatoria in caso di inedificabilità meramente relativa, sia escludendo la rilevanza dei vincoli sopravvenuti all’abuso, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Con riguardo al solo vincolo idrogeologico, viene dedotta anche la lesione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., poiché si ammetterebbe la sanatoria di opere eseguite «in zone a “rischio idraulico”», ovvero in zone indicate dai piani di bacino come potenzialmente soggette ad esondazioni d’acqua, ed eventualmente vincolate, o soggette a misure di salvaguardia in attesa del vincolo.
Le questioni non sono fondate.
È pacifico che non spetta alla legge regionale allargare l’area del condono edilizio rispetto a quanto stabilito dalla legge dello Stato (sentenza n. 196 del 2004).
Nel caso di specie, la norma impugnata va perciò posta a raffronto con l’art. 33 della legge n. 47 del 1985, che esclude la sanatoria di opere in contrasto con vincoli che comportino l’inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse.
Quanto alla natura di tale inedificabilità, costituisce diritto vivente che, nell’ambito dei condoni aperti con le leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, essa rileva, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985, soltanto se di carattere assoluto (Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 7 giugno-22 luglio 1999, n. 20), posto che gli effetti del vincolo di inedificabilità relativa sono regolati, entro tale contesto normativo, dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985.
Diverso è il caso del cosiddetto terzo condono, di cui all’art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2003, n. 326, in relazione al quale questa Corte ha già rilevato che il suo oggetto è «più circoscritto» (sentenza n. 225 del 2012), così da attribuire carattere ostativo alla sanatoria anche in presenza di vincoli che non comportino l’inedificabilità assoluta (sentenze n. 290 e n. 54 del 2009; ordinanza n. 150 del 2009).
Ora, l’art. 9 della legge regionale n. 10 del 2004, e perciò la norma impugnata che lo ha modificato, non ha per oggetto il cosiddetto terzo condono, ma esclusivamente i precedenti, di cui intende sollecitare la definizione. Ne consegue che la disposizione censurata, inapplicabile alle domande presentate ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, si limita a recepire quanto previsto dall’art. 33 della legge n. 47 del 1985, con riguardo al carattere assoluto della inedificabilità.
Analoga conclusione va tratta con riferimento alla porzione della norma impugnata che attribuisce rilievo ai soli vincoli imposti prima dell’esecuzione delle opere, con formula lessicale identica a quella contenuta nell’art. 33 della legge n. 47 del 1985.
La piena coincidenza del portato normativo della norma impugnata con quello dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985 rende non fondata anche la questione concernente il rispetto del vincolo idrogeologico, la cui osservanza è parimenti assicurata dalla disposizione censurata e dalla normativa statale di riferimento”.
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